Comprendere i significati della corporeità e della sessualità nel nostro tempo
Il 26 Novembre dalle 9 alle 12 ci sarà presso l’Istituto Teologico Calabro un Convegno…
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Per questo dice agli uomini: “Voi avete un solo Padre che è nei cieli”. “Nei cieli” non vuol dire negli spazi interstellari, nell’universo astrofisico esplorato dai cosmonauti che, guardando dall’oblò della loro astronave, non hanno visto Dio. “Nei cieli” significa nella vita invisibile in cui vivono tutti i viventi, in cui essi stessi sono invisibili, proprio come la vita.
Questa la nuova definizione dell’uomo e della sua vera condizione: di un vivente generato nella vita invisibile e assoluta di Dio, vita che rimane in lui finché vive, fuori della quale non c’è vivente» (M. Henry)
Le famiglie e le comunità umane nascono da uomini e donne in cammino, anche la «casa/famiglia» di Dio o popolo di Dio, è chiamata da Lui ad uscire dalla sua terra e mettersi in cammino, da Abramo e Sara, a Maria e Giuseppe, a Gesù il camminante per eccellenza (Lc 9,51-19,18), che chiama ad seguirlo e si autorivela: «Io sono la via, la verità e la vita/zōē» (Gv 14,6).
La via che siamo chiamati a conoscere e percorrere, la verità che bisogna accogliere e la vita piena che si è chiamati a vivere. «Cammino»/Hodos significa che tu sei chiamato a camminare, non devi «farti camminare», cioè lasciarti portare (Pietro dice «sballottare dallo onde qua e là»).
Perciò i primi cristiani erano chiamati dall’esterno coloro che erano «della via/hodos (sottinteso di Cristo)» (At), è la via che ha dentro la vita e conduce alla vita integrale. C’è un canto, Il tuo popolo in cammino, cerca in te la vita, che esprime bene questo dinamismo umano.
Affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato in ogni opera buona/ergon agathòn» (2Tm 3,16).
I libri biblici sono «la Parola vivente e permanente di Dio» (1Pt 1,23), (1Pt 1,23), perché «non per volontà di uomo fu mai portata una profezia, ma, guidate dallo Spirito Santo, alcune persone parlarono da parte di Dio» (2Pt 1,21).
E’ una Parola che consente di crescere, edificandosi «sulla santissima fede, pregando nello Spirito Santo e conservandosi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna» (Gd vv. 20-21).
Attraverso la Scrittura Dio educa il suo popolo. Un messaggio di fiducia: Dio è in mezzo a noi, Dio ha educato ciascuno di noi e tutti noi. Dio continua a educare.
Noi educatori siamo suoi alleati: l’opera educativa non è nostra, è sua. Noi impariamo da lui, lo seguiamo, gli facciamo fiducia ed egli ci guida e ci conduce.
All’origine del vangelo vi è la persona di Gesù con la sua parola, la sua autorità, la sua vita e la sua opera. Il Concilio Vaticano II riprende la felice definizione di Ireneo («evangelo quadriforme») quando afferma la «superiorità» dei vangeli all’interno delle Scritture: «A nessuno sfugge che fra tutte le Scritture, anche del NT, i vangeli possiedono una superiorità meritata, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro salvatore.
La Chiesa da sempre, e in ogni luogo, ritiene che i quattro vangeli siano di origine apostolica. Infatti, ciò che gli apostoli per mandato di Cristo predicarono, dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da persone della loro cerchia tramandato in scritti, come fondamento della fede, cioè l’evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni».
Giovanni conosce le tre fasi della vita pubblica di Gesù: quella iniziale, del battesimo ricevuto da Giovanni il Battista; quella centrale dedicata da Gesù all’insegnamento e alle opere che manifestano la sua identità messianica; la fase finale, nella quale Gesù sale a Gerusalemme e subisce la passione, la morte e dove si compie la sua risurrezione.
Esistono, tuttavia, differenze notevoli tra Giovanni e i sinottici riguardo al quadro geografico e cronologico: secondo i sinottici, c’è un unico viaggio di Gesù a Gerusalemme, quello che lo portò alla morte; secondo i dati conosciuti e trasmessi dall’autore del quarto vangelo, Gesù ha fatto almeno tre viaggi a Gerusalemme (2,13.23; 5,1; 7,10) e vi è rimasto a lungo. tre feste ebraiche che vanno dall’autunno alla primavera.
La festa dei Tabernacoli o delle Capanne: in autunno (7,2); quella della Dedicazione: in inverno (10,22); la pasqua: in primavera (11,55; 12,1; 18,28). Riguardo alla vita pubblica di Gesù e al suo ministero, i sinottici li concentrano in un anno solo, mentre per Giovanni sono durati più di due anni, perché menziona più feste di pasqua. La stessa morte di Gesù avviene per Giovanni durante la celebrazione della pasqua giudaica: fu crocifisso e morì a mezzogiorno di sabato (18,14.28.31.39), per i sinottici, invece, il giorno precedente, cioè la vigilia di pasqua. Una originalità notevole del quarto vangelo è – come detto – proprio l’ambientazione cronologico-geografica del ministero di Gesù.
Solo da Giovanni si può desumere che l’attività pubblica di Gesù è durata più di due anni, mentre nei sinottici si potrebbe anche racchiudere in un solo anno. Giovanni menziona, infatti, tre feste di pasqua: la prima precede la purificazione del tempio (2,13.23); la seconda è in connessione con la moltiplicazione dei pani (6,4); la terza in relazione con l’unzione a Betania (12,1). È probabile che la prima sia la pasqua dell’anno 28 d.C., la seconda del 29 e la terza del 30, l’anno della morte (per lo meno sei mesi), perché egli ricorda.
Pietro in questo senso, e anche Paolo insieme a Gesù ci aiutano nel percorso. Così Pietro dice che la salvezza già ricevuta bisogna però «crescere» (1Pt 2,2) mediante l’abbandono dei vizi e l’ascolto vitale della parola, che come il latte fa diventare maturi i cristiani (1Pt 2,1-3). Paolo propone la scala del discernimento e dell’amore (Rm 12,1-2; 1Cor 13), per diventare adulti.
Dio rende partecipe l’essere umano del suo mistero trinitario, della sua vita divina, in una comunione senza fine. Certo la vita che Dio dona all’uomo è ben più di un esistere nel tempo; essa è «seme» di un’esistenza che va oltre i limiti stessi del corpo e del tempo. È tensione di una pienezza di vita, verso una comunione piena con il Signore «amante della vita» (Sap 11,26).
La Scrittura impiega un termine speciale per comunicare che la vita umana/zōē che inizia nel tempo e nello spazio è un dono che travalica il tempo vita e la storia includendo lo stesso bíos/vita terreno-biologica, e per indicare nel contempo l’unità della persona umana, perciò il medesimo termine ricorre ancora con altri vocaboli (come «regno dei cieli», «grazia»), sempre come designazione della vita piena (zōē aiōnion, vita definitiva, vita integrale, eterna) e anche della generatività della coppia, perché uomo e donna sono «coeredi della grazia della vita» (1Pt 3,7); anche della «vita eterna», cioè della vita escatologica in una configurazione a Cristo che include la risurrezione dai morti, in una un’escatologia che è al servizio dell’etica della creazione, dell’alleanza Dio-uomo e della redenzione di ogni uomo, di ogni donna.
«E’ il vangelo che svela la verità integrale sull’uomo e sul suo cammino morale» (GIOVANNIPAOLOII, Veritatis Splendor, n. 112).
Scopo ultimo e centro della creazione di Dio è l’essere umano, non solo per Gn 1-2, e per il resto della Scrittura, fino all’Apocalisse (Ap 21-22). Si osserva un magnifico crescendo in questa storia salvifica. Colui che agisce in essa, che ne è «Signore», è lo stesso che ha dimostrato nella creazione la sua onnipotenza (Is 44,24). La sua unicità si rivela sul piano salvifico-educativo, lui è «il padre che ha creato […] il Signore che guida da solo» (Dt 32,1.2). Così il «da dove» veniamo e il «verso dove» andiamo manifestano il valore intoccabile di ogni persona. E dalla sacralità della vita umana scaturisce anche la sua inviolabilità, che rispecchia l’inviolabilità stessa del Creatore. In questa partecipazione alla vita di Dio la vita della persona umana Si diviene «immagine di Dio» camminando con Dio (cioè imitando-seguendo lui), come ha fatto Abramo; lasciandosi trovare/educare/curare/amare da lui e dai suoi inviati-collaboratori (come Mosè, i profeti); entrando nella storia di salvezza e diventando, a propria volta, con l’ascolto e l’obbedienza, educatori e suoi testimoni nel mondo, fedeli alla sapienza ebraica: «Impara dal tuo Creatore» (Bereshit Rabba 8,8).