«Tutta la Scrittura è ispirata da Dio, è utile per insegnare, convincere, correggere e educare alla giustizia.
Affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato in ogni opera buona/ergon agathòn» (2Tm 3,16).
I libri biblici sono «la Parola vivente e permanente di Dio» (1Pt 1,23), (1Pt 1,23), perché «non per
volontà di uomo fu mai portata una profezia, ma, guidate dallo Spirito Santo, alcune persone parlarono
da parte di Dio» (2Pt 1,21). E’ una Parola che consente di crescere, edificandosi «sulla santissima
fede, pregando nello Spirito Santo e conservandosi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del
Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna» (Gd vv. 20-21). Attraverso la Scrittura Dio educa il suo popolo. Un messaggio di fiducia: Dio è in mezzo a noi, Dio ha educato ciascuno di noi e tutti noi. Dio continua a educare.
Noi educatori siamo suoi alleati: l’opera educativa non è nostra, è sua. Noi impariamo da lui, lo seguiamo, gli facciamo fiducia ed egli ci guida e ci conduce.
All’origine del vangelo vi è la persona di Gesù con la sua parola, la sua autorità, la sua vita e la sua opera. Il Concilio Vaticano II riprende la felice definizione di Ireneo («evangelo quadriforme») quando afferma la «superiorità» dei vangeli all’interno delle Scritture: «A nessuno sfugge che fra tutte le Scritture, anche del NT, i vangeli possiedono una superiorità meritata, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro salvatore. La Chiesa da sempre, e in ogni luogo, ritiene che i quattro vangeli siano di origine apostolica. Infatti, ciò che gli apostoli per mandato di Cristo predicarono, dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da persone della loro cerchia tramandato in scritti, come fondamento della fede, cioè l’evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni». Giovanni conosce le tre fasi della vita pubblica di Gesù: quella iniziale, del battesimo ricevuto da Giovanni il Battista; quella centrale dedicata da Gesù all’insegnamento e alle opere che manifestano la sua identità messianica; la fase finale, nella quale Gesù sale a Gerusalemme e subisce la passione, la morte e dove si compie la sua risurrezione. Esistono, tuttavia, differenze notevoli tra Giovanni e i sinottici riguardo al quadro geografico e cronologico: secondo i sinottici, c’è un unico viaggio di Gesù a Gerusalemme, quello che lo portò alla morte; secondo i dati conosciuti e trasmessi dall’autore del quarto vangelo, Gesù ha fatto almeno tre viaggi a Gerusalemme (2,13.23; 5,1; 7,10) e vi è rimasto a lungo. tre feste ebraiche che vanno dall’autunno alla primavera. La festa dei Tabernacoli o delle Capanne: in autunno (7,2); quella della Dedicazione: in inverno (10,22); la pasqua: in primavera (11,55; 12,1; 18,28). Riguardo alla vita pubblica di Gesù e al suo ministero, i sinottici li concentrano in un anno solo, mentre per Giovanni sono durati più di due anni, perché menziona più feste di pasqua. La stessa morte di Gesù avviene per Giovanni durante la celebrazione della pasqua giudaica: fu crocifisso e morì a mezzogiorno di sabato (18,14.28.31.39), per i sinottici, invece, il giorno precedente, cioè la vigilia di pasqua. Una originalità notevole del quarto vangelo è – come detto – proprio l’ambientazione cronologico-geografica del ministero di Gesù. Solo da Giovanni si può desumere che l’attività pubblica di Gesù è durata più di due anni, mentre nei sinottici si potrebbe anche racchiudere in un solo anno. Giovanni menziona, infatti, tre feste di pasqua: la prima precede la purificazione del tempio (2,13.23); la seconda è in connessione con la moltiplicazione dei pani (6,4); la terza in relazione con l’unzione a Betania (12,1). È probabile che la prima sia la pasqua dell’anno 28 d.C., la seconda del 29 e la terza del 30, l’anno della morte (per lo meno sei mesi), perché egli ricorda .
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